Babywearing e bisogni speciali: portare i bambini con disturbo dello spettro autistico

LA DISABILITA’

La definizione di disabilità cambia a seconda del contesto culturale e sociale di riferimento.
Oggigiorno il framework di riferimento concettuale nel campo della disabilità è l‘International
Classification of Functioning, Disability and Health (ICF).
Ufficialmente approvato da 191 Stati membri dell‘OMS durante la cinquantaquattresima sessione dell‘Assemblea Mondiale della Sanità (WHA) il 22 Maggio 2001 con la Risoluzione WHA, l‘ICF esprime il nuovo approccio dell‘OMS alla disabilità. Nel 1980 l’OMS aveva pubblicato un primo documento sulla classificazione della disabilità nel quale veniva fatta la distinzione tra menomazione, disabilità ed handicap.
Secondo questa prima definizione la menomazione ha carattere permanente, la disabilità dipende dall’attività che l’individuo si trova a compiere e l’handicap indica lo svantaggio che l’individuo ha nei confronti dei soggetti normodotati.

Da questa definizione deriva che una unica menomazione può dar luogo a differenti disabilità e può implicare più di un handicap.


La definizione del 1980 è stata sostituita dall’International Classification of functioning disability and Health(ICF). Questo documento indica un cambiamento di prospettiva nella definizione di disabilità. L’ICF ricopre tutti gli aspetti della salute umana, distinguendo le varie funzioni indicanti lo stato di salute di un individuo da diversi indicatori riguardanti la vita sociale dell’individuo.
Inoltre non viene più utilizzato il termine handicap ma si estende il significato del termine disabilità ad indicare sia la restrizione di attività che la limitazione di partecipazione.
Con l’ICF quindi non si parte da una prospettiva negativa, la disabilità infatti non appare più come mera conseguenza delle condizioni psico-fisiche dell’individuo, ma scaturisce dalla relazione tra individuo e mondo esterno.

Le linee guida per l’autismo della Società italiana di Neuropsichiatria dell’infanzia e l’adolescenza definiscono l’autismo come una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita. L’autismo è per la comunità scientifica internazionale un disturbo pervasivo dello sviluppo tra i più complessi e preoccupanti dell’età evolutiva in vista del fatto che la sua fenomenologia colpisce la funzionalità del soggetto e permane per tutta la vita.

Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative:

  • all’interazione sociale reciproca: incapacità nello stabilire relazioni sociali e/o emotive con
    gli altri;
  • all’abilità di comunicare idee e sentimenti: ritardo o totale mancanza di sviluppo del
    linguaggio, assenza o limitata risposta al nome, tendenza ad utilizzare il corpo dell’altro
    per comunicare;
  • all’utilizzo di modalità comportamentali, attività e interessi ristretti ripetitivi e stereotipati:
    dedizione costante, che limita lo svolgimento di altre attività, a uno o più tipi di interesse,
    sottomissione rigida a rituali o abitudini, movimenti inusuali ripetitivi, stereotipie
    motorie, utilizzo improprio dei giocattoli, scarsa coscienza dei pericoli o forti paure
    ingiustificate.

L’autismo pertanto si configura come una disabilità permanente che accompagna il soggetto nel
suo ciclo vitale, anche se le caratteristiche del deficit sociale assumono un’espressività variabile nel tempo.
Le cause dell’autismo sono a tutt’oggi sconosciute.
La diagnosi di Autismo è basata su criteri esclusivamente comportamentali. Non esistono, infatti, indagini di laboratorio e/o strumentali che possano confermare un sospetto clinico.

BABYWEARING E BISOGNI SPECIALI

Ci sono delle situazioni in cui portare non sembra proprio possibile. O perlomeno non è una pratica che viene in mente come aiuto per alleviare una situazione di difficoltà.
La letteratura scientifica internazionale al momento non riporta studi scientifici e ricerche che affermano come il portare abbia effetti terapeutici positivi sulle situazioni di disabilità e in particolare l’autismo. Un articolo pubblicato nel 2016 nella rivista “Creative Nursing” esplora i potenziali effetti terapeutici del babywearing nei bambini con disabilità o bisogni speciali indicando aree di futuro sviluppo e ricerca. L’articolo argomenta i potenziali benefici terapeutici del babywearing partendo dagli studi scientifici consolidati, svolti nel corso degli anni, in merito alla Kangaroo Mother Care (KMC) e alla pratica del Skin to skin care (STS).
La ricerca su lo STC e KC nelle unità di terapia intensiva neonatale ha permesso di stabilire dal punto di vista empirico la validità e l’utilità della pratica in particolare nei bambini prematuri.
Questo punto di partenza è molto importante in quanto nella pratica del babywearing si possono ritrovare molte somiglianze con tale approccio, tra le quali la posizione del bambino sul petto del portatore e la conseguente capacità del bambino di riconoscere il respiro, il battito cardiaco e il calore del corpo del caregiver. Si potrebbe considerare quindi il babywearing una naturale estensione del STS con alcune differenze importanti da tenere comunque in considerazione.

Le evidenze empiriche sul STS e KMC potrebbero essere la base per considerare il babywearing terapeuticamente vantaggioso per alcuni bambini e i loro caregiver. Aumentare la consapevolezza dei vantaggi del babywearing è utile per i professionisti della sanità e delle istituzioni che sono quelli che potrebbero promuoverla come terapia aggiuntiva o di supporto in situazioni particolari.

Nell’articolo l’autrice, Robyn L. Reynolds Miller, argomenti i benefici terapeutici del portare
individuando diverse categorie che di seguito riporto:

  • Effetti analgesici e calmanti

Uno studio di Gray, Watt e Blass (2000) ha mostrato come la STS ha effetto analgesico nei neonati in caso di procedure che possono provocare dolore. I risultati di uno studio svolto dimostrano come i bambini tenuti STS per 15 minuti prima della procedura dolorosa abbiano ridotto il pianto dell’85% e le smorfie del 65% rispetto al gruppo di controllo di bambini in cui non è stata praticata la procedura del STS. Inoltre la frequenza cardiaca nei bambini tenuti addosso non è aumentata come invece accade solitamente in caso di dolore. Un altro studio svolto in bambini pretermine nel quale è stato utilizzata la PIPP (profilo prematuro del dolore infantile) ha concluso che la KMC è efficace nella diminuzione del dolore durante le procedure di puntura al tallone. L’effetto analgesico dimostrato dal fatto di essere portati da un genitore addosso suggerisce come il babywearing potrebbe essere utilizzato durante procedure dolorose come ad esempio le vaccinazioni. Altri studi condotti in bambini nati prematuramente dimostrano come il STS sia collegato a migliori risultati in termini di sviluppo e organizzazione comportamentale.
I neonati che avevano ricevuto la STS trascorrevano più tempo nel sonno tranquillo, mostravano una sveglia più
attenta e uno sviluppo delle capacità psicomotorie e mentali migliori all’età di 12 mesi.
La ricerca sullo STS suggerisce che il babywearing può essere utile per i bambini con disabilità o particolari esigenze. Bambini con disturbi da disorientamento sensoriale, deficit visivi o ritardi nello sviluppo spesso adottano comportamenti auto stimolanti per calmarsi come per esempio dondolarsi o ondeggiare. Quando si ha la necessità di contenere questi bambini per comportamenti distruttivi, istintivamente il caregiver di solito si dondola, ondeggia o balla insieme a loro. Questi movimenti stimolano il sistema vestibolare nel cervello, che è molto importante per lo sviluppo neurologico e per l’equilibrio ma ha anche un effetto calmante, sia per il bambino che per il caregiver.

Il sistema vestibolare del nostro corpo è il sistema sensoriale che fornisce l’input primario di movimento, equilibrio, consapevolezza spaziale e posizionamento. Aiuta a preparare la postura, mantenere l’equilibrio, utilizzare correttamente la visione, calmare e regolare il comportamento.

Nei neonati pretermine si è osservato che la stimolazione vestibolare ha comportato come conseguenza un aumento del sonno tranquillo, uno sviluppo neurologico migliore e un’alimentazione aumentata. Nei bambini con ritardi mentali, sottoposti a stimolazione vestibolare si è registrato un aumento delle competenze motorie fini e grossolane mentre
nei bambini autistici la stimolazione vestibolare ha determinato un miglioramento nelle relazione, nel linguaggio, nel gioco e nelle competenze motorie oltre ad una significativa diminuzione dei comportamenti auto calmanti.

Date queste premesse, il collegamento con la pratica del babywearing risulta immediato.
La stimolazione vestibolare determinata dal dondolio e oscillamento è garantita mediante l’utilizzo di fasce o supporti in quanto il bambino seguendo i movimenti del genitore viene cullato e si muove con lui.
Partendo dal fatto che spesso i bambini autistici presentano difficoltà nell’elaborazione degli stimoli derivanti dai 5 sensi, la terapia occupazionale si concentra molto sull’integrazione sensoriale attraverso programmi specifici che utilizzano diversi strumenti.
Uno dei più utilizzati per la terapia di integrazione sensoriale sono i vari tipi di oscillazioni.
Alcune aziende hanno prodotto strumenti apposta per consentire tali movimenti, che variano da vere e proprie altalene adattate ad amache in tessuto. Il beneficio dell’oscillazione si ritrova nel fatto che mediante le amache il bambino ritrova il movimento regolare e rilassante, in più, per coloro che presentano danni al sistema vestibolare, l’utilizzo dell’amaca, a primo impatto complicato, serve per riacquisire equilibrio e tollerare poi gli stimoli vestibolari.

Il movimento di oscillazione ripristina l’equilibrio del sistema vestibolare, fornisce un input propriocettivo (pressione profonda) e generalmente aiuta i bambini con spettri autistici a sentirsi più “ in equilibrio”.
Tali strumenti inoltre garantiscono al bambino autistico la possibilità di rifugiarsi avvolto nell’amaca e diminuire quindi il contatto e la sovra stimolazione derivante dal mondo esterno ma anche la possibilità di ondeggiare o dondolare e quindi attivare quella serie di comportamenti auto contenitivi avvolto all’interno di un involucro. Ritorna anche in questi strumenti l’utilizzo del tessuto che riconduce inevitabilmente al babywering e all’utilizzo della fascia o di supporti in quanto anche questi richiamano la possibilità per i bambini portati di essere avvolti e contenuti da uno strato di tessuto ma al contempo dondolarsi, ondeggiare e oscillare al ritmo del movimento del portatore.


Gli studi sulla stimolazione vestibolare in bambini autistici risultano datati ma i risultati sono ampiamente utilizzati in terapia occupazionale; c’e anche la necessità di più evidenze empiriche in merito agli effetti degli interventi proposti nei bambini autistici. L’aspetto della pressione profonda e di come questa potrebbe essere esercitata mediante il portare
dovrebbe essere valutata in quanto potrebbe avere un effetto calmante per i bambini e ridurre i comportamenti ripetitivi. L’ipotesi è controversa ma alcuni studi indicano che i bambini con autismo utilizzano coperture pesanti o ponderate per proteggersi e i genitori rilevano un maggior stato di calma collegato all’uso di tali coperture.

Teoricamente il babywearing è un modo di fasciare i bambini e potrebbe offrire effetti terapeutici collegati
proprio a questo ultimo aspetto. Date queste premesse le ricerche future potrebbero concentrarsi in merito al fatto che la pressione tattile e la stimolazione vestibolare forniscano, attraverso il babywearing, una diminuzione nel breve e lungo periodo di comportamenti auto stimolanti e calmanti che interferiscono con le interazioni sociali e lo
sviluppo di abilità.

  • Sviluppo delle capacità linguistiche

Rispetto ai benefici del babywearing e lo sviluppo delle capacità linguistiche lo studio al quale l’autrice dell’articolo fa rifermimento è quello di Hart e Risley che concludono affermando che l’aspetto più importante da considerare nella cura dei figlio è la quantità di interazioni, faccia a faccia, momento per momento che i bambini hanno con i loro genitori.
Anche gli studi sui bambini prematuri dimostrano che l’aumento delle interazioni verbali con i prematuri favoriscono lo sviluppo delle capacità cognitive e linguistiche nel periodo di tempo compreso tra i 7 mesi e i 18 mesi. Se si considera che il babywearing favorisce le interazioni verbali e il contatto visivo con il bambino portato, e ciò si mette insieme ai risultati degli studi effettuati sulle capacità linguistiche è ragionevole supporre che il babywearing non solo possa influenzare positivamente lo sviluppo delle capacità linguistiche nei prematuri ma anche nei bambini più grandi che presentano difficoltà in questa area.

  • Sviluppo muscolare

Gli effetti positivi del babywearing riguardano anche l’area dello sviluppo motorio – muscolare. I bambini portati sono in costante adattamento fisico dei loro portatori. Mentre chi porta si piega, cammina o svolge le sue attività i bambini si adeguano al movimento:
spingono le gambe, tirano su il collo cercando di aggiustarsi nel corpo dell’adulto per accoccolarsi comodamente.

Per i bambini che presentano bassi toni muscolari o scarso controllo del collo, il babywearing potrebbe rappresentare una terapia.
Tutti i piani di movimento, avanti, indietro, su, giu, movimenti diagonali, sono sperimentati senza complicati esercizi o particolare pianificazione. Una potenziale area di ricerca quindi potrebbe essere quella di documentare il miglioramento delle forza muscolare e esplorare l’impatto che il babywearing ha su bambini con tono muscolare basso come alcuni bambini con bisogni speciali.

  • Attaccamento

Il babywearing migliora l’attaccamento tra madre e bambino, riduce i sintomi della depressione post partum, aumenta la stabilità fisiologica dei bambini, riduce il dolore, aumenta la sensibilità del caregivers alle cure infantili, contribuisce la partenza e la lunga durata dell’allattamento al seno e ha effetti positivi sull’interazione madre/bambino.
L’attaccamento sicuro ha una importanza particolare nelle famiglie nelle quali ci sono bambini con bisogni speciali. I genitori adottivi spesso sono preoccupati per essere mancati nel periodo cruciale per lo sviluppo del legame di attaccamento con i propri figli; tuttavia le ricerche mostrano che il calore e l’affetto dato dal contatto stimola la stessa risposta neuroendrocina che si verificano durante il parto e l’allattamento e facilita il rilascio di ossitocina ed endorfine, sostanze di grande importanza per lo sviluppo dei legami sociali ed affettivi.
Aumentando la possibilità di contatto tra genitori e figli, il babywearing può aumentare o rafforzare il processo di attaccamento inoltre il babywering potrebbe contribuire nella cura dei bambini con problemi di contatto come quelli che presentano un disturbo dello spettro autistico.

  • Inclusione

Il babywearing è probabilmente utile per quei bambini che hanno delle condizioni che limitano le interazioni sociali. Bambini con tracheotomia o altre attrezzature mediche possono essere portati mentre i genitori escono e partecipano ad eventi sociali.
Questo è un aspetto utile non solo per il bambino ma anche per la percezione che il genitore ha del figlio.
Uno studio svolto nelle unità di terapia intensiva ha dimostrato come la KMC ha aiutato i genitori a vedere i figli come normali e non solo come malati o disabili. Questa potrebbe essere una futura area di sviluppo di ricerche per determinare come il babywering cambia la percezione dei caregiver rispetto ai propri figli con disabilità e anche come cambia la percezione che i bambini hanno di loro stessi.

LE ASSOCIAZIONI, IL BABYWEARING E I BISOGNI SPECIALI

Ci sono diverse associazioni che sono state fondate con lo scopo di fornire gratuitamente supporti per le famiglie di bambini con disabilità che non possono permettersi l’acquisto. Tali associazioni solitamente nascono da persone che quotidianamente vivono a contatto con la disabilità e utilizzano la pratica del babywearing che decidono di unirsi e mettere la loro esperienza e conoscenza rispetto a questo mondo a servizio di tutte le famiglie che si trovano in queste condizioni.
Una di queste è LIFT ME UP: babywearing to Thrive, un’organizzazione senza scopo di lucro creata da tre mamme che hanno il desiderio di condividere i benefici e la praticità che il babywearing fornisce alle famiglie con bambini con esigenze particolari. Per queste famiglie il babywearing è uno strumento unico che fornisce vantaggi non solo al bambino ma anche ai caregiviver. Una altra associazione è Portage & Handicap la cui finalità è quella di fornire supporto alle famiglie con bambini con bisogni speciali o a famiglie con genitori con disabilità che vogliono avvicinarsi al mondo del portare in maniera fisiologica ed ergonomica mediante una rete di consulenti certificate.

CONCLUSIONI

La ricerca scientifica e validata sul babywearing in situazioni speciali e in particolare nei bambini con autismo è ancora povera e non organizzata e numerose sono le possibili aree di interesse da approfondire. Partendo dalle ricerche fatte sui bambini autistici in merito alla stimolazione vestibolare e alla pressione profonda è possibile individuare alcuni importanti impieghi terapeutici del babywearing in tali situazioni partendo dagli assunti che sono stati dedotti dalle tecniche del Skin to skin e dalla Kangaroo Mother Care nelle quali il babywearing trova notevoli somiglianze.
L’utilizzo dei tessuti nelle terapie psico-fisiche di bambini e adulti con autismo riconfermano come il tessuto possa
essere strumento e vettore di numerosi interventi consentendo al bambino con problemi, di approcciarsi al mondo così pieno di stimoli e così stressante il maniera mediata, protetta e graduale, condizione che permette ai soggetti in difficoltà e alle loro famiglie di normalizzare,  almeno un po’, la quotidianità.
La lettura e l’ascolto delle esperienze personali dice molto dei benefici terapeutici che il babywearing comporta in certe situazioni di difficoltà e la possibilità di progettare interventi di diffusione della pratica e sensibilizzazione dell’utilizzo dei supporti anche tra i professionisti sanitari che quotidianamente trattano queste tipologie di disturbi, come aggiunta alle terapie convenzionali, è un tema che richiede di sicuro attenzione, impegno ed approfondimento.

Tratto da elaborato finale della Tesi di TISSELLI LAURA
Consulente Babywearing Italia
Forlì 2017

BIBLIOGRAFIA

  •  Evelin Kirkilionis “A baby wanted to be carried” Ed. Pinter e Martin, 2014
  • Grandin Temple “calming effects of deep touch pressure in patients with autistic
    disorder, college students, and animals” in Journal of child and adolescent
    psychopharmacology, volume 2 , number 1 1992
  • Licia Negri “Lasciati Abbracciare – babywearing: benefici, guida pratica e istruzioni per
    portare il tuo bambino”, Mental fitness publishing, aprile 2015
  • Robyn L.Reynolds – Miller “Potential Therapeutic Benefits of Babywearing” in Creative
    Nursing, volume 22, issue 2, 2016
  • Sandra Hodgetts, William E Hodgetts “Somatosensory stimulation intervention for
    children with autism: literature review and clinical consideration” in Canadian Journal of
    Occupational Therapy – January 2008

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